Vedi,
mi rimangio i miei baci-aspri-
mi abbraccio con le mie braccia
-corte-
mi scrivo poesie
-a dozzine, di scarsa qualità-
mi cullo insonne
-con ninne-nanne stonate-
mi tengo la mano
-con dita screpolate-
mi porto la colazione
-non la mangio-
E poi leggo persino l'ultima
pagina del giornale
svuoto gli altrui posacenere
sbatto i tappeti
spolvero gli orologi del metrò
raccolgo le carte dei passanti
sbriciolo ai piccioni le molliche di pane
più volte controllo
che siano atterrati tutti gli aerei al JFK.
Mi commuovo per i necrologi
di gente sconosciuta
visito mostre di cartacce
sorrido agli stranieri
-tutti-
litigo coi connazionali
-la maggior parte-
impilo gli scontrini dei caffè
lucido le caselle bianche
delle scacchiere.
Mi perdo in periferia
pago le multe accartocciate
lavo la macchina
il collare del cane
la vecchia cloche di mia zia
un orso di peluche
colleziono francobolli
scrivo lettere di protesta
alle multinazionali delle patatine fritte
m'iscrivo a corsi di aramaico
e danze nipponiche
frequento gruppi politici
di estrema destra e estrema sinistra
accetto i volantini
dei Testimoni di Geova
partecipo a cacce al tesoro
e a raduni enogastronomici.
E poi... Ah, poi stiro i calzini
numero i libri della biblioteca
imparo a memoria
ogni numero col suo titolo
telefono ai centralinisti
dei sondaggi sulle lavatrici
adotto trichechi a distanza.
E telefono dalle cabine in disuso
così, solo per fare il numero.
Tutte queste cose faccio
in ordine sparso
e magari anche altre
-comprare mazze da hockey
ginocchiere da pattinaggio
begonie finte
e frutti tropicali geneticamente modificati-
ma ancora non è sera:
tu non vieni più.
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