giovedì 2 luglio 2020

Preghiera

E pur non sapendo
se vi sia per i morti
una carta dei diritti
e dei desideri,
questo sin d’ora io chiedo:
un giorno all’anno
-espresso in tempo terrestre-
far ritorno alla terra
-io venti, io sibilo, io in qualcuno ricordo-
sulla casa d’infanzia posarmi 
aprire il tempo d’una umida credenza
correre poi tra fruscii, spaventi, spighe
fermarmi infine
mani in testa, cuore in gola
-o un suo equivalente celeste-
per le tante troppe cose 
da rivedere: chi fui,
ove andai, come non mi bastò
quella vita. 

Nostalgia, 
Io chiedo sin d’ora,
questa gravità dolce 
che mi attacca
come un muscolo
alle ossa delle cose.

Ché già mi manca
-lo sento sin d’ora-
l’odore di giugno e di fieno
la coda del piovasco
che lascia il cielo sereno.
Mi manca, giallo, 
il maggiociondolo del pensiero
che va e viene
fior di vento
abbraccio e addio.

Manca già questa mancanza
di pareti scarne 
sul limitar del mio mondo:
recinti, campanili, voci 
tranquillizzanti ritorni
di fiori: tu, ibisco,
al centro del prato
e tu, aquilegia, 
porpora ai miei piedi.
E non ti scordar di me,
minuto azzurro rimpianto,
riempi le crepe 
tra i miei scalini celesti, 
devo andare anche io
in una terra eterna e piatta.

E Tu,
preposto ai grandi ordini
e ai più grandi disordini, 
ascolta ciò che sin d’ora io chiedo:
tornare, se posso,
in forma celeste
a quest’ora terrestre
che bruna si disfa. 
E rinasce.
Tornare, sì, 
sui miei passi,
tra cose, 
tra punti e croci, 
tra case. Tornare, certo,
là dove sono già stata.