mercoledì 4 febbraio 2015

Ma chi se ne importa della storia, se tu dormi sotto una coperta di consonanti

Sai, mi piace anche scriverti niente, far rotolare le parole sulla carta, le vedi? Sembrano tante palle da bowling o dei sassi che franano giù da una montagna, se preferisci, o dei meteoriti impazziti in una scena da Apocalipse Now.
Mi piace perché quando due si parlano a voce possono anche dirsi silenzi



      E allora spazi, li vedi?



Ma se non ripiegano la voce come camicie a righe dentro i cassetti, quei due -perché non hanno voce ma solo parole da mettere in fila sulla carta, sembrano maratoneti le parole, le vedi?-, allora devono inventarsi delle alternative al silenzio, delle spelonche d'inchiostro che non dicono niente, tutte scavate da onde di bianco, le pagine ruvide, le pagine lisce, formato A4, formato A5, cambia sempre la forma della spelonca che ora s'infossa ad angolo acuto, ora fa un semicerchio, tutto d'inchiostro sbavato. 
Sbavato perché è un silenzio che ride fino alle lacrime o che piange fino alle lacrime, quello che nasce dalle voci ripiegate nelle bocche come camicie dentro un cassetto. 
E mettici pure qualche rumore lontano, te lo faccio di apostrofi e accenti e virgolette e virgole

                   "','"""",,,,,''''''

ecco tra il nostro silenzio, tutti addossati alla nostra spelonca, il cigolio della porta di legno, l'urlo in dialetto del pescivendolo, lo scoppiettio di una Vespa, i passi nel corridoio, la sirena dell'ambulanza e il fischio del treno, un cane che abbaia, un sipario che si chiude, un fiore che serra di notte la corolla.

Mi piace anche così, scrivere futilmente, pensare come ti stringerebbe il mignolo questa prossima lettera, diciamo una "o", anzi un O maiuscola, tutta bella piena, paffuta, obesa, abbracciante e rassicurante. Non preoccuparti, non assomiglia a un anello, molla subito la presa perché è una O gigantesca, ci starebbero dentro cento dei tuoi mignoli e fa proprio "Oooooo", di stupore e meraviglia mentre si arriccia al tuo mignolo, o forse di spavento per quando se ne dovrà andare. 
Mi piace calibrare il peso di tutte le vocali, con la "A", bella appuntita, ti bacerei per esempio la punta del naso; con la E, che ha una schiena piatta, ti bacerei invece tutta la bocca da destra a sinistra; la I... vediamo, con la I ti arriccerei una ciocca di capelli, mentre la U certamente la userei per abbracciarti tutto mentre mi addormento.

Mi piace davvero non scriverti niente, mettere le parole sulla tua tavola, che la apparecchino con cura, stendo le più lunghe come una tovaglia, quelle palindromiche, come NON, VIVI, SOS, POP, che fanno dei cerchi e si mordono la coda, diventano piatti tondi al punto giusto, quelle più carine, come GHIRIGORI, stanno invece bene come fiori da centrotavola. E ti versano l'acqua le parole onomatopeiche, tutte insieme. Ti fanno compagnia insieme a piatti prelibati e esclamazioni da fumetti.
Senza dire una sola parola.

Come mi piace usare questa lettera per toglierti la camicia 
camici
camic 
cami 
cam 
ca
c
(Ecco, finiti i bottoni, via la camicia)


e metterti il pigiama (ripetiamo inversamente l'operazione),
con un semplice CLIC accenderti la lampada sul comodino e con uno "SFSFSF" far poi lisce le lenzuola, rimboccarti le coperte a cupola fin sopra il naso e poi, certo, toglierti gli occhiali (per queste operazioni servono tutte le consonanti a raccoglimento, come un esercito). 
Lo vedi?
Si annebbia un po' tutto ora che non hai più gli occhiali, l prl hnn prs l vcl, le parole hanno perso le vocali, le vocali sono tutte lì, la A che ti bacia la punta del naso, la E che ti bacia la bocca da destra a sinistra, la I che ti arriccia una ciocca di capelli, la O che ti stringe il mignolo, la U che ti abbraccia tutto, mentre le consonanti tengono su il lembo delle coperte e chiudono le stanghette degli occhiali, saltellano sulle palpebre che afferrano ancora qualche parola tronca, ora si chiudono ermetiche dentro l'abbraccio vocale e le parole iniziano a pennellare sogni confusi, sgualciti d'inchiostro.

Vedi come mi piace scriverti anche solo facendo rotolare le parole sul foglio, come fossero mani, piedi e labbra, come occhi che ti osservano mentre fai cose di nessun conto, ad esempio gettare palline di carta nel cestino perché non sei riuscito a raccontare una storia. Ma chi se ne importa della storia, se tu ti addormenti sotto una coperta di consonanti.




3 commenti:

  1. E scambio sia. Il guadagno è mio. Le parole lette nascondono i suoni ma gli spazi fanno conca ed trasmettono al lettore. Perché immaginarsi è cercare di comprendere ma purtroppo è solo un interpretare. Ma le tue vocali e consonanti mostrano la tua forza ed il tuo spessore. La parole vorrebbero una immagine. Ma la loro forza le fa sentire come un eco di chi sogna ed urla ed in questo non vuole mostrarsi ma solo chiarire. Forse un chiarire a chi attende o forse a chi vuole conferma del suono del cuore. Comunque la lettura provoca il piacere dell’ascolto di un rimprovero tra due ragazzi che si intendono. Quel piacere che ti fa sentire sia speranza che invidia per un qualcosa che non hai. Insomma un bel raccontare. Un fresco piacere.

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    1. Grazie dello spunto di riflessione. La scrittura nasce soprattutto dall'assenza, in effetti...
      Un caro saluto,
      Alice

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  2. Lo scrivere riempe il vuoto quando chi legge da a questo un nome. Una parola che fermi le idee mostrando un'immagine. Forse un'ombra da fissare a ciò che lo scritto non poteva mostrare. Insomma, per me, è un farsi capire senza stupire e senza ferire. Perchè chi legge vuole mostrare che ha piacere di apprezzare. Ed ora la parola: dolcezza. Anche se in questo caso lascia ancora del vuoto. Ne servirebbero delle altre. ....

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