venerdì 21 novembre 2014

Io penso però sia un messaggio che ti sta ad aspettare ("ché l'arte è lunga e, inoltre, non importa")

Era bello quando vedevamo, la mattina, arrivare le navi nel porto. Ci passavano un'onda come una palla, ma il bello era che non sapevamo prenderla, stava lì sul pelo dell'acqua, dentro la risacca.
E chissà da dove arrivava.

Avremmo forse dovuto carezzarla, come il dorso di un gatto, e assorbirne la provenienza nei polpastrelli.
Chissà, avremmo forse trovato la rotondità di una cupola di moschea, i crocicchi labirintici di un suq, molti e molti fumi di narghilè addossati ai muri scrostati; e i sussurri della folla avremmo forse udito, della folla che spintona per passare e un "al ladro, al ladro", gridato in una lingua sconosciuta; le suole in fuga del ladro-bambino, un profilo scuro che sparisce dietro cumuli di verdura e spezie; il suono del flauto dell'incantatore di serpenti che dormicchiano, drogati, dentro un cesto di vimini.
E dall'acqua sarebbe poi arrivato l'odore della menta, quella che mischiano nel caffè denso e nero, nelle tazze da cui non berremmo, noi occidentali schizzinosi.
Ma non l'abbiamo accarezzata.

È rimasta tra il mare e la battigia, quell'onda che era un messaggio e non si è mai increspata in spuma e non ci ha mai bagnato la punta del piede.

Non è bene ignorare i messaggi che vengono da lontano, specie se riguardano i lidi dove s'intrecciano le ombre e le strade, dove cambiano gli dei, ansimano gli asini tra lanterne notturne e le spose si prendono in cambio di venti cammelli.
Avremmo forse dovuto cercare la Mecca, penso adesso, stenderci in quella direzione, giusto così per solidarietà col messaggio che spuntava nell'onda, che sbuffava dalla nave, che diceva altri mondi, mille e una notte, sguardi dal caos.
E noi a ritirarci ordinati, la sabbia era una coperta dell'ordinario, silenzio intorno come sempre fa silenzio il primo mattino, tutti stesi nei pensieri consueti, nelle barche di sempre, col richiamo rozzo del pescatore nel nostro piccolo dialetto.

Se passa una nave, invita a narrare.
Ad andare. A partire.
Chissà a che pro quell'essere amanti come tutti gli amanti, baciare le labbra, guardare per finta gli orizzonti. 
Siamo caduti nella fossa di sabbia.

Che poi magari era un'onda del Nord, vai a sapere. 
Un'onda di freddo, di gelo, di ghiaccio. Di vero silenzio fra fiordi che sembrano mani congiunte, con la palme aperte, una preghiera di monti. 
Uno stridore di gabbiani arrabbiati, col becco intriso di brina, merluzzi essiccati giù da una trave di legno scuro e i ninnoli che aspettano un vento inesistente.
Case rosse in mezzo alla prateria a cingere un mare fermo, dove non c'è notte o è sempre notte.
Ma non sarebbe stato comunque questo freddo banale che spira a novembre, questo freddo umido bagnato di piogge che portano male.
Quello è invece un freddo che sa di Natale. Ad accarezzarlo, ci sarebbe rimasta sul mignolo una chiazza di neve, di quelle con le figure geometriche brillanti al primo sole. 

Ma no, non l'abbiamo raccolta. Abbiamo tirato su i cappucci, ignorato i segnali del tempo atmosferico, che poi è anche un tempo cronologico, bussa dietro le ginocchia.
È sempre un male ignorare i messaggi che portan le navi. 

Stamattina, vedessi, c'è una bassa marea che non si vede mai da queste parti. 
E allora penso che forse quell'onda era un'onda di quelle che pendono dalle labbra della Luna, e si fanno piene e si ritirano e si gonfiano ancora e aprono varchi di terra insperati in mezzo al mare, così si può spiare furtivi il fondale, trattare invece questa volta lo straordinario come ordinario, un'alga blu come un ciuffo d'erba vicino a uno steccato sprofondato. 
Sì, sarebbe bello far così, giocare a palla con le onde che mandano le navi, stare in bilico tra ordinario e straordinario, girarsi alla Mecca e darsi un bacio distratto, poi con la prossima ondata di marea fare il contrario: un bacio diverso, che mai fu dato, dimenticare la Mecca e invece "Padre, Figlio e Spirito Santo", la solita chiesa che ci guarda di spalle.

Così, vedessi, stamattina: tutto è sabbia, anche al largo.
Sparito il mare, si è incagliata la nave.
Non so come interpretare. 
Io penso, però, sia un messaggio che ti sta ad aspettare. 


               Sappi sperare, attendi che cresca la marea
-come a riva una nave- e sia lieve il salpare.
Chiunque attende sa che la vittoria è sua,
perché la vita è lunga ed è l'arte un giocattolo.
E se la vita è breve
ed il mare non giunge al tuo battello,
attendi e non salpare, e sempre spera,
ché l'arte è lunga e, inoltre, non importa.


 




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