sabato 1 novembre 2014

Una lettera piena di errori

E così non so adesso 
se tu sei quello che chiamo
coi nomi, che incido coi segni
quelli che decisero
-superata Babilonia-
di dare alle cose che appaiono
e che frettolosi attaccarono
-frivoli stendardi-
a quelle che stanno
dietro l'apparizione.

Se sei quello che scrivo 
facendo combaciare le lettere
con lettere, i paragrafi
coi paragrafi, i suoni
coi suoni.

O se sei quello che taccio
la forma impressa dalle scarpe
lo spazio tra il pollice e l'indice
tra un occhio e l'altro 
là dove non sono parole 
dove costruisco i piccoli anfratti
in cui ti riposo
la distanza tra il frutto 
che sto per mordere 
e le labbra che lo morderanno
la corda tesa tra un salto e l'altro
il vuoto tra il foglio e la penna.

Non so ma sento 
che ora non ti chiamo
non ti suono in rintocchi 
e neppure faccio con gli occhi 
ciò che fa il vasaio con la creta.
Ti voglio senza forma
tutto intorno 
e non questo e non quello
non cosa che già altri nominarono
o neologismo sulle mie parole.

Ché tu sia prima la negazione
l'arco tra felicità e mancanza:
voglio guardarti coi polpastrelli
ascoltarti cogli occhi
parlarti con le orecchie 
e coi sensi disordinati
scriverti una lettera piena di errori


                  Ernesto Morales

3 commenti:

  1. «Ti voglio senza forma
    tutto intorno
    e non questo e non quello
    non cosa che già altri nominarono
    »

    Nel pensiero, nella poesia, nell'arte - parafrasando Picasso - non si copia mai, al massimo si "ruba"... senza saperlo... e non si può farne a meno.
    Noti qualche somiglianza?

    «Dio non è né questo né quello»
    (Meister Eckhart)

    «L'essere che non è solo soggetto né solo oggetto, ma che nella scissione soggetto-oggetto si trova da entrambe le parti, noi lo chiamiamo l'"Onniabbracciante" [das Umgreifende]»
    (K. Jaspers)

    «L'intero infatti avvolge da ogni lato ogni cosa; e non v'è lato che non si risolva totalmente nell'intero.»
    (G.R. Bacchin)

    ...il tuo verso è - credo non sia affatto causale - "ambiguo", anzi doppiamente ambiguo:
    «Ti voglio senza forma
    tutto intorno
    »
    cioè "voglio che tu sia senza forma", ma anche "voglio che tu sia per me (venga a me) spoglio di ogni forma determinata"...
    e poi "ti voglio, privo di definitezza, e che mi abbracci, mi tenga in te completamente", ma anche "voglio che tu perda ogni definitezza affinché ti possa avere indistintamente accanto a me, da ogni parte mi volti".
    Molto bello, veramente: dire molteplicità-in-unità è propriamente l'essenza del "symbolon".

    Infine, a proposito del lucido "déraillement des sens":
    «ascoltarti cogli occhi
    parlarti con le orecchie
    e coi sensi disordinati
    »
    mi ha riportato alla mente questo passo biblico,che al momento non riesco ad individuare, nel quale si parla di «ascoltare con la bocca».

    Mi ha fatto piacere concludere la giornata riflettendo su questi versi, su questi "cristalli di pensiero".
    A presto, ciao.

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  2. Grazie ancora, Marco, dici di non essere esperto in nulla ma imparo sempre qualcosa di nuovo, anche sulla mia scrittura, leggendoti. Purtroppo non sono sempre solerte nella risposta perché, non so come mai, a me google non notifica i commenti per email. Ti ringrazio per avermi accostato al grande Luzi, è un gradito complimento. Certamente i tuoi spunti mi interessano, fammi sapere.

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  3. Grazie a te, Alice, sei molto gentile...

    Non preoccuparti della tempestività o meno, non importa: rubando un'espressione hegeliana, direi: "lo spirito non ha fretta".

    Se la poesia è, in verità, un "porto sepolto", chiunque giunga ad incontrarla, non fa altro - ritengo - che "esplicitare" ciò che c'è già, pur implicitamente.
    Il fatto che ci sia "già" non toglie nulla al suo "accadere" sempre (di) nuovo, ogni volta che la si incontra o la si ripensa...

    A ben vedere, è proprio ciò che - ad ogni livello, in ogni senso - non abbiamo mai "davanti" (che non è oggettivabile, non immediatamnete visibile) a renderci possibile, e forse necessario, un "incontro" inesauribile, tentando sempre di ri-peterlo (etimologicamnete: tendervi ancora, più intensamente).

    Guardati, se vuoi, questa conferenza dell'ottimo prof. Brandalise:

    pt1 (da min. 10 in poi) https://www.youtube.com/watch?v=iy1e6_8ksP4
    pt2 https://www.youtube.com/watch?v=ayBlGoiuD4E
    pt3 https://www.youtube.com/watch?v=UDT9KZlGggQ

    Un saluto cordiale.
    Marco C.

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